E’ ufficiale: dal 3 luglio l’Europa ha vietato la vendita e l’utilizzo delle plastiche monouso. Addio quindi a tutti quegli oggetti in plastica di uso quotidiano. Ma cosa si rischia? Scopriamolo.
Il Parlamento Europeo per salvaguardare l’ambiente ha disposto il divieto di vendita e utilizzo di plastiche monouso: lo scopo è ridurre la plastica entro il 2030, arrivando ad uno smaltimento e riciclo della stessa pari al 90%. Oggi infatti solo il 30% della plastica viene riciclata, la maggior parte finisce in discarica, viene incenerita o, peggio, finisce nell’ambiente.
Le plastiche monouso sono le più difficili da riciclare e quindi le più inquinanti, e per questo motivo devono essere bandite.
Siamo infatti circondati dalla plastica, anche se non la vediamo: un esempio le microplastiche presenti ovunque e che addirittura ingeriamo soprattutto d’estate mangiando pesce. Le conseguenze negative sono sull’ambiente e quindi sulla salute umana. Le due questioni sono collegate, non dimentichiamolo!
Naturalmente questa rivoluzione necessaria non avverrà immediatamente ma è previsto un periodo di adeguamento. Scopriamo cosa accade e cosa accadrà in Italia.
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In Italia manca ancora il decreto che recepisce le indicazioni europee, che dovrebbe arrivare a ottobre. Nell’attesa i negozi che hanno in magazzino plastiche monouso possono venderle fino ad esaurimento delle scorte. Una volta terminate però non potranno più riacquistarle e venderle, pena pesanti sanzioni.
In alternativa i consumatori potranno acquistare oggetti in plastica 100% biodegradabile o prodotti monouso in legno o altre sostanze. Ciò richiederà sicuramente un adeguamento da parte del settore della plastica monouso che coinvolge circa 10 mila imprese con un fatturato che supera i 40 miliardi di euro.
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Di seguito un elenco dei prodotti da eliminare (che per inciso rappresentano la maggior parte dei rifiuti che poi si ritrovano in mare):
Gli unici prodotti che al momento risulterebbero “salvi“, perché non inclusi nella direttiva, sono:
Circa le sanzioni, secondo quanto previsto nella bozza del decreto di recepimento della Direttiva UE, si prevedono multe dai 1000 ai 10 mila euro.
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