Non è il numero degli anticorpi contro il Covid, ma altro: il parere di un esperto. Cosa bisogna sapere sui vaccini anti-Covid.
Il coronavirus Sars-Cov-2 ancora fa paura, perché nonostante la vaccinazione c’è comunque il rischio di essere infettati, a causa della variante Delta del virus, molto più contagiosa di quelle precedenti. I rischi di ammalarsi gravemente, finire in terapia intensiva e purtroppo morire sono nettamente inferiori nei vaccinati, con percentuali sopra il 90% di riduzione del rischio, va precisato. Come hanno anche stabilito i report dell’Istituto Superiore di Sanità, ma i rischi anche se in minima percentuale esistono.
Questa circostanza ha spinto molte persone a sottoporsi a test sierolocigi e anticorpali, per misurare il numero degli anticorpi contro Covid-19 ed essere rassicurati sul livello di protezione. Alcuni esperti, tuttavia, hanno precisato che la protezione dalla malattia non dipende tanto dal numero di anticorpi ma da altri fattori. Ecco quali.
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Per la protezione da Covid-19 più del numero degli anticorpi conta la memoria immunologica, che il nostro sistema immunitario può sviluppare grazie al vaccino. Lo ha affermato il professor Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) e della Federazione Italiana Società Scientifiche di Laboratorio.
“Quello dei test sierologici è un argomento scivoloso”, ha spiegato Clerici all’HuffPost, “al momento non esistono valori soglia in grado di dirci come, quanto e per quanto tempo si è protetti. 100 o 1000 AU/mL: il valore degli anticorpi vuol dire poco o nulla, l’importante è che ci siano“.
L’esperto ha sottolineato che “tramite il dosaggio si potrà verificare che gli anticorpi ci sono, ma non si potrà valutare se il loro livello sia alto o basso“, finché non saranno stabiliti degli standard internazionali comparativi. “Quello che conta davvero – ha aggiunto Clerici – è la memoria immunologica, per cui si stanno studiando test specifici“.
Grazie alla memoria immunologica, ha spiegato l’esperto, il sistema immunitario è in grado di “ricordare gli antigeni con cui entra in contatto la prima volta, al fine di reagire in maniera più rapida e intensa in caso di un contatto successivo”. Ovvero, il sistema immunitario memorizza gli antigeni ricevuti con il vaccino per poi rispondere in modo deciso quando entra in contatto con quelli del virus, impedendo che aggredisca l’organismo con la malattia.
Come per le altre malattie, anche nel caso di Covid-19, la memoria immunologica reagisce solo quando entra in contatto con il virus, sparando gli anticorpi come proiettili di un’arma. Un meccanismo che potrebbe funzionare anche con un numero basso di anticorpi. Anche se nel tempo gli anticorpi nell’organismo diminuiscono, la memoria immunologica può ancora proteggerci. Al momento non è possibile verificarla, ma la ricerca è al lavoro per sviluppare test specifici.
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