Una sentenza della Cassazione rivede i diritti di un conto cointestato con una sentenza unica nel suo genere.
Con la sentenza numero 25684 del 22 settembre 2021 si vanno a chiarire degli aspetti del conto cointestato ai quali non sempre ci si fa caso o li si conoscono.
La sentenza si è basata sul principio che in ogni conto cointestato chi versa, quindi chi effettivamente mette i soldi (che provengono da una pensione o da uno stipendio) è l’unico legittimato a richiederli e quindi ad usarli. Questo vale se non ci sono delle volontà dichiarate e ufficiali circa la possibilità di un altro intestatario di utilizzarli. La Cassazione ha chiarito la questione aprendo anche un importante precedente; vediamo il caso nel dettaglio.
La sentenza in oggetto della Corte di Cassazione ha deciso che non si può prelevare il denaro se non c’è la volontà di uno dei intestatari, ad esempio marito e moglie. Anche se il conto è in comune uno dei due non può usare i soldi dell’altro se non c’è un consenso scritto.
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Il caso che ha portato a questa sentenza è quelli di un umo che al quale è stato respinto il ricorso dopo un accertamento sulla somma versata in banca dalla donna. Siccome non c’era il consenso della moglie l’uomo può essere accusato di essersi intascato la somma indebitamente e dovrà pagare una tassa. Nella sentenza si legge: “Il versamento di una somma di danaro da parte di un coniuge su conto corrente cointestato all’altro coniuge non costituisce di per sé atto di liberalità”.
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Il marito è stato condannato a restituire i soldi incassati illecitamente. Inoltre dovrà anche provvedere al risarcimento dei danni cagionati o se in capo all’autore del reato sussisteva l’intenzione di non trattenere le ricchezze percepite nel proprio patrimonio, ma di riversarle a terzi.
Infatti, all’uomo è stata anche recapitata da parte dell’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento dove veniva richiesto il pagamento dell’Irpef sui soldi prelevati.
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