Uno studio ha scoperto e intercettato un segnale particolare che può presagire la comparsa del morbo di Parkinson: quello che hanno scoperto gli scienziati è incredibile.
Il morbo di Parkinson è una patologia che ogni anno colpisce circa 400mila persone nel nostro Paese. Tale numero, secondo alcune ricerche, è destinato ad aumentare di ulteriori 6000 casi nei prossimi anni. Questa percentuale è significativa considerato il fatto che, nel mondo, i casi ogni anni sono circa 5 milioni.
La diffusione di questa malattia è dovuta all’invecchiamento della popolazione italiana: essa, infatti, esordisce nella maggior parte dei casi verso i 60 anni di età. Un recente studio ha scoperto un segnale a cui non tutti fanno caso ma che può presagire la futura comparsa del morbo.
Ecco cosa hanno scoperto gli scienziati.
L’abitudine che può far presagire la comparsa del morbo di Parkinson: l’incredibile scoperta
La maggior parte delle diagnosi di Parkinson arriva quando è ormai troppo tardi e la malattia è in stato avanzato. Questo morbo, infatti, è spesso diagnosticato in seguito all’arrivo di sintomi quali, ad esempio, i tipici tremori. Purtroppo, quando questi si verificano, la malattia è già in stato molto avanzato.
Secondo il Presidente della Società Italiana di Neurologia, ci sono dei sintomi che possono aiutare a diagnosticare la malattia in fase pre-sintomatica e quando, dunque, è agli albori. Essi sono il deficit olfattivo, la depressione e il disturbo comportamentale durante il sonno.
Nel dettaglio, infatti, quest’ultimo disturbo durante il sonno coinvolge il 60% dei pazienti che sono soliti tirare calci e pugni nel sonno e sviluppano la malattia entro i 10 anni successivi.
L’importanza della diagnosi
Anche nel caso del Parkinson, dunque, una diagnosi tempestiva può essere importantissima per il trattamento e per l’avanzamento della malattia. Le innovative terapie farmacologiche, infatti, possono fare molto nel trattare efficacemente una diagnosi precoce.
Nel caso del Parkinson tutto ciò è ancora più importante. Molto spesso, infatti, nel momento in cui si riceve la diagnosi, più del 60% delle cellule dopaminergiche del cervello sono già degenerate.