Salute e Benessere

Ecco quando la quantità e il tipo di cibo che mangiamo è un campanello di allarme e cosa fare

Una nuova ricerca studia le dinamiche e i meccanismi che entrano nel rapporto con il cibo e che sono dietro a sovrappeso e obesità

Una ricerca spagnola pubblicata sulla rivista Cerebral Cortez ha preso in considerazione i meccanismi cerebrali che sono alla base del rapporto col cibo, in particolare concentrandosi sui casi di sovrappeso e obesità. E’ emerso che il cervello abbia un grosso impatto nel nostro rapporto con il cibo, e che nei cervelli di persone obese ci sono punti di paragone con le alterazioni riscontrate in coloro che soffrono di disturbo ossessivo compulsivo.

Sebbene l’ipotesi sia ancora da confermare, resta un importante punto di svolta della ricerca. “Anche grazie ai progressi del neuroimaging, negli ultimi vent’anni l’attenzione si è spostata dagli ormoni che regolano l’appetito al cervello, in particolare ai processi di inibizione della sazietà”, ha dichiarato ai microfoni di Repubblica lo psicologo Francantonio Devoto

Il rapporto con il cibo, la ricerca e il legame con le dipendenze

Nei soggetti obesi sono state ritrovate reazioni simili a coloro che soffrono di dipendenza da sostanze. Tra queste l’incremento della risposta nelle regioni del cervello legate alla ricompensa, anche di fronte a stimoli puramente visivi e in condizioni di sazietà..

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Il pensiero del cibo, insomma, scatenerebbe immediatamente la voglia di mangiare, a prescindere dall’appetito. “come se gli obesi fossero insensibili, o meno sensibili, allo stato di sazietà rispetto alla media” spiega l’esperto.

La ricerca, insomma, sta lentamente ma inesorabilmente spostando la sua attenzione sul sistema nervoso. Il legame col cibo è strettamente collegato al nostro cervello, così come il riuscire a mantenere un rapporto equilibrato con il cibo. Anche gli ormoni, che per lungo tempo sono stati legati all’obesità non a caso sono legati al cervello.

Per un lungo tempo solo alcune forme di obesità erano state comparate con le dipendenze, mentre ore, sebbene ovviamente le problematiche mantengano delle sostanziali differenze l’una con l’altro, la ricerca va verso questa direzione “anche grazie agli studi di neuroimaging che permettono di incrociare i dati metabolici con l’attività cerebrale”. E’ un altre grande passo per la ricerca, che mette da parte vecchie consuetudini per seguire un filone che si spera, tra non molto, riesca a svelare le dinamiche più nascoste del rapporto dell’uomo con il cibo e a capire quale siano i meccanismi che si innescano in determinate problematiche.

Beatrice

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