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Infarto, prima causa di morte: la scoperta che salva la vita

Infarto, prima causa di morte: la scoperta che salva la vita e lo studio che procede verso nuovi orizzonti della medicina.

L’infarto è la prima causa di morte e stando a quelle che sono le statistiche, prescindere ebbe dal sesso, razza, e talvolta, purtroppo, anche per età. L’infarto è una patologia cardiovascolare che può colpire chiunque in qualsiasi momento ed è proprio per questo, perché è difficile poterlo prevenire, che è una delle principali cause di decessi. Ovviamente la scienza nel corso dei secoli ha fatto passi da gigante ed anche in questo caso anche per quanto riguarda le malattie cardiovascolari la scienza ha fatto tutti i passi possibili per andare verso una visione più concreta di prevenzione cardiovascolare.

Infarto, prima causa di morte: la scoperta

Tanti sono stati gli studi effettuati nel corso degli anni che hanno portato a notevoli scoperte, come è risaputo che prevenire le malattie cardiovascolari significa assumere uno stile di vita adeguato. Previo dovute analisi e prove diagnostiche, le malattie cardiovascolari sono strettamente correlate anche a una cattiva alimentazione, ad uno stile di vita inadeguato. Mangiare sano, mangiare con non troppi grassi, avere uno stile di vita dove almeno tre volte settimanali è previsto un po’ di moto, evitare il fumo e non eccedere nell’uso di alcol, insomma, questi sono tutti gli accorgimenti che oramai noi tutti ne siamo a conoscenza.

Infarto, prima causa di morte: la scoperta

Ma esiste qualche farmaco che aiuti realmente ad approcciarsi all’infarto prevenendo il suo arrivo o comunque le ricadute? Secondo uno studio effettuato dall’Howard Medical School di Boston pare che una possibilità ci sia. Un nuovo approccio ad una nuova tecnica la cui efficacia è in fase di testo. Si tratta della apolipoproteina, una spugna così come l’hanno definita che sarebbe in grado di pulire le arterie del cuore assorbendone i grassi con cui viene a contatto e staccandoli quindi dalla placca aterosclerotica. Questa terapia benché in fase sperimentale è stata testata su circa 20.000 pazienti con sindrome coronariche acute come infarto del miocardio.

1035 sono stati i centri reclutati in tutto il mondo. Anche uno italiano di Sesto San Giovanni il centro IRCCS MultiMedica. Questo centro avrebbe già arruolato la prima paziente per per essere sottoposta al test di questo componente. Ma qual è l’obiettivo principale di questo studio? Lo scopo è quello di comprendere se l’elemento è in grado o meno di ridurre il rischio di ulteriori eventi cardiovascolari nei primi 90 giorni dopo l’infarto. I primi 90 giorni infatti sono il periodo dove il cuore è maggiormente vulnerabile ad una possibile ricaduta.

Così come ha spiegato il dottore Roberto Pedretti il direttore del Dipartimento cardiovascolare del MultiMedica. In Italia, ha asserito Pedretti, “sono circa 130.000 i pazienti infartuati ogni anno e il 20% va incontro ad un nuovo evento entro 12 mesi“. Pedretti, infatti, sosterrebbe che mentre i farmaci esistenti agirebbero riducendo la sintesi di colesterolo e prevenendo la formazione di nuovi accumuli, la terapia effettuata con questo nuova proteina ha un obiettivo più ampio ovvero quello di raggiungere prima, aggredire le placche che sono presenti nell’arterie e quindi eliminarle.

“Un approccio del tutto nuovo che ci auguriamo possa contribuire alla riduzione di eventi acuti in chi ha avuto l’infarto risultati preliminari sono molto incoraggianti“ questo ha asserito il professore Giuseppe Ambrosio il coordinatore per l’Italia dello studio ed anche vicedirettore del MultiMedica. Stando al risultato la prima paziente trattata con questa proteina è stata ricoverata per un infarto e poi dimessa in ottime condizioni. Il protocollo del trial prevede quattro infusioni endovenose nell’arco di alcune settimane ed un follow up di un anno. Chiaramente la paziente adesso verrà seguita con cadenza periodica dal centro per monitorare quelli che possono essere i progressi clinici a distanza anche di dovuto tempo.

Catia

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