Basta reso gratuito ora le aziende chiederanno un contributo fisso, dove è già in atto. Presto arriva anche in Italia?
Per tutelare i propri consumatori le aziende prevedono che entro una certa data dall’acquisto sia possibile restituire o sostituire il prodotto gratuitamente, ovviamente con determinate regole tra cui la certificazione dell’acquisto e della data in cui si è comprato o l’integrità del prodotto (a meno di garanzia). Questo permette all’acquirente, in caso di malfunzionamento o difetti del prodotto, o qualora magari si fosse sbagliata la taglia della maglietta, o il regalo all’ amico non fosse piaciuto, di non perdere i propri soldi.
Questo è possibile anche nei negozi online, che permettono di restituire gratuitamente il prodotto di cui non si è soddisfatti, che è difettoso o che semplicemente non piace. Presto, però, il “reso gratuito” potrebbe non essere più tale.
Reso gratuito, presto non esisterà più: la nuova politica delle aziende
Molte aziende infatti stanno modificando le proprie regole in fatto di reso gratuito, e hanno iniziato a chiedere un contributo per il ritiro nei punti raccolta o a domicilio. Hanno già sposato questa politica importanti brand come Zara, Bershka ed H&M
La spesa sarà davvero limitata, ma ha l’obbiettivo di sensibilizzare gli acquirenti ad uno shopping più attento e di limitare lo spreco di vestiti. E’ un’iniziativa anche per salvaguardare l’ambiente, che tra costi di produzione, imballaggio e spedizioni è davvero messo a dura prova. Si è inoltre deciso di aumentare il costo per il lavoro che richiedono le operazioni di reso, che necessitano grande organizzazione e la distruzione degli abiti.
Nel regno unito il costo del reso sarà di due sterline, con l’obbiettivo di diminuire sempre di più i resi e rendere i clienti più sensibili e attenti. Si vogliono inoltre scoraggiare i “furbetti” che acquistano i prodotti per provarli e li usano per un breve tempo prima di rimandarli indietro.
L’iniziativa ad oggi sta spopolando soprattutto nel Regno Unito, ma non si può escludere che venga presto esportata anche negli altri paesi. L’industria della “fast fashion” è stata a lungo criticata per l’aver spinto i clienti ad un eccessivo consumismo e per i tanti sprechi e i danni all’ambiente. In questo modo, forse, si riuscirà a limitare gli acquisti non pensati. Sarà comunque possibile cambiare i prodotti gratuitamente nei negozi.